Cosa ti Emoziona?

La sindrome di Stendhal è una sorta di attacco di panico provocato da… estrema Bellezza. In particolare la sindrome di Stendhal si riferisce a opere d’arte (è anche detta sindrome di Firenze). Tuttavia le stesse trascinanti emozioni si rivelano in contesti diversi. Ognuno ha i suoi. L’emozione provocata dall’estrema felicità ci da il capogiro, ci fa venire i brividi, ci commuove. Io, queste emozioni che fanno gorgogliare l’anima, le provo spesso in Natura: correndo per la collina morenica, in bici ad Avigliana o in cima ad una montagna, immerso in una cascata o nel mare; questa emozione a metà tra gioia traboccante e mistico raccoglimento, nasce dalla sensazione di immutabilità e di razionalità proprio della Natura. Spesso il mondo è mutevole e di difficile interpretazione. I rapporti personali sono spesso complicati, le scelte un peso e spesso siamo alla continua ricerca di qualcosa che non abbiamo. La Natura invece mi infonde un senso di pace perché non potrebbe essere diversa da come è.

Questa sicurezza della perfezione che mi circonda è ciò che più mi emoziona.

E a te? Cosa ti Emoziona?

5 commenti su “Cosa ti Emoziona?”

  1. Oggi quando penso a cosa mi emoziona davvero è sempre la stessa sensazione ricorrente: la bellezza della diversità culturale.
    Gente del Rajastan, dell’Uttar Pradesh, dell’Haryana, gente di Persia, di Turchia, i berberi, i cristiani arabi, gli indigeni del Chiapas, le etnie karen di Birmania; i thai che offrono frutta e riso alle casette degli spiriti per propiziarseli; mi emoziona condividere un bagno (vestita) alle terme di Hindat (Thailandia) con un amico Beluci del Pakistan, assistere in diretta alle accese discussioni tra due donne marocchine tra i vapori di un hammam maghrebino, mi piace imparare un po ‘di spiritualità da un sikh in un tempio di Delhi, abbuffarmi nell’Eid Mubarak con amici del Bangladesh in un campus universitario a Nord di Bangkok, andare all’alba in una pagoda buddista con giovani ragazzi cambogiani per render omaggio ai loro antenati; mi emoziona lavare i piatti con dei cristiani arabi in un monastero coopto arroccato nel deserto siriano;
    Mi emoziona il solo godermi la vista della Vita, e delle vite, milioni di vite, pullulare nella piazza di Djeem el Fnà a Marrakesh: Osservi le persone, indaffaratissime: quanti sforzi e quanta energia richiede la loro esistenza! Ci sono arabi, europei, donne, bambini, a ogni passo lingue e musiche diverse. Commercianti, prestigiatori, incantatori di serpenti, musicisti, astrologi, spacciatori, becchini, mendicanti storpi e menomati, stazionare davanti alle botteghe del souk o prepararsi per le abluzioni davanti alla moschea;
    e infine mi emoziona vedere anche nel mio Paese pelli scure e chiare, occhi verdi, dorati, neri, bruni; terzo occhio rosso, arancio… forme e volti diversi di quel vario assortimento, di quell’incomparabile bellezza che è l’umanità tutta.

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  2. Le situazioni che mi emozionano più intensamente sono molto spesso legate alla bellezza..
    la natura… e ..l’arte… entrambe ..mi provocano, quando particolarmente mi colpiscono, vere e proprie botte di adrenalina :-))
    soprattutto quando la visione arriva inaspettata.. ed io ancora non conosco quel posto.. ma talvolta anche uno stesso posto, quando meraviglioso e stupefacente, mi provoca e riprovoca le stesse emozioni..
    Le ultime due botte di emozione in tal senso: la visita al Centro Botanico Moutan, a Viterbo, quando siamo arrivati al grande prato delle peonie in fiore… e quando siamo andati a Villa Adriana per me è stata una sventola pazzesca, per esempio… Gio era messo ancora peggio di me.. in tilt seduto su una mezza colonna romana, era in una vera e propria sindrome di Stendhal.. a me invece prende che salto come un grillo e non mi fermo per tutta la giornata..:-))
    bello, bellissimo!!!

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  3. Non essendo piu’ giovanissimo ho avuto molte emozioni nella mia vita.
    Visto l’argomento ricordo “la foto che non volli fare” perche’ qualsiasi foto che avessi scattato quel giorno, non avrebbe potuto riprendere il fenomeno e l’emozione che stavo vivendo.
    Da un po’ di anni trascorrevamo le nostre vacanze ai margini del Parco del Gran Paradiso. Il mio padrone di casa, il sig. Marcello Jeantet, mi aveva introdotto ai segreti del parco ed io ero felice di estendere questi segreti ai nostri amici che ci venivano a trovare.
    Un anno fu particolarmente parco di precipitazioni e l’erba era un po’ seccata a tutte le quote. Quando venivano a trovarmi i miei amici, in tutta una gita della durata di un giorno, non riuscivo a trovare e far vedere loro solamente 3 o 4 camosci e 3 o 4 stambecchi in libertà nonostante cambiassi itinerario. Ai miei amici era sufficiente questa emozione, ma poichè normalmente i camosci e gli stambecchi che incontravamo nelle nostre lunghe escursioni erano minimo 10-20 per ciascun tipo di animale mi ritenevo insoddisfatto nei confronti dei miei amici.
    Ero giovane e forte e un di’ partii da solo alla ricerca degli animali che non trovavo più.
    Salii su una montagna: il monte Herban sui 3.000 m che torreggia in mezzo a diverse valli e da quel punto di osservazione speravo con i binocoli di trovare dove si erano cacciati. Arrivato in punta trovai un lato della montagna inaccessibile dai sentieri, e questa volta ricco di erba, moltissimi animali, che stavano brucando sotto di me per centinaia di metri.
    Presi la mia Nikon, montai il grandangolo per scattare e fermare quell’immagine, che succede una volta nella vita, ma vidi che non riuscivo a riprendere tutta l’immagine (non esisteva ancora la fotocomposizione con cui si fanno molte foto per allargare l’immagine).
    Puntai la macchina contro il bordo sinistro dove iniziavo a vedere camosci e stambecchi brucare insieme, evento raro di per se’, e vidi che non arrivavo nemmeno a meta’ dell’immagine completa. Riuscivo a inquadrare solo il 40% dell’immagine.
    Contai gli animali in quel 40%: erano 200 tra camosci e stambecchi!!! e non ero nemmeno a meta’ dell’immagine completa, significava che gli animali erano 500!!! tutti lì, sotto i miei occhi.
    Rinunciai a fotografare e immersi i miei occhi in questa abbondanza cercando di memorizzare l’immagine.
    Qualsiasi animale fotografato sarebbe apparso troppo piccolo e l’imagine sarebbe stata riduttiva rispetto al grande spettacolo che avevo sotto gli occhi. Rimasi molti minuti fermo seduto a contemplare e poi scesi in mezzo agli animali, che dato il numero non si spaventarono, facevano semplicemente largo spostandosi di pochi metri al mio passaggio.
    Mi sentii accettato dagli animali e dalla natura che esplodeva intorno a me.

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  4. complimenti per il blog e per questi tuoi primi post! Bello avere un luogo dove condividere esperienze di viaggio, alpinismo, natura.
    Essendo io un contemplativo, le esperienze più belle ed emozionanti che io abbia mai avuto sono essenzialmente legate alla contemplazione della natura.. l’emozione che si prova davanti ad un paesaggio strepitoso, ad un tramonto rosso sul lago, la montagna..in tutta la sua grandezza ..il mare (purchè sia libero da persone ed ombrelloni :-))..
    Ho un debole anche per la storia: di fronte a luoghi d’arte e reperti archeologici che raccontano millenni di storia provo emozioni quasi dolorose..
    alla prossima Roby!

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  5. Le emozioni non sono solo positive. Ora vi racconto la volta che piansi.
    Mia moglie e’ una di quelle donne rare che appaiono talvolta sulla terra per rammentarci che siamo di passaggio. E’ dedita al volontariato da vent’anni. Giusto quest’anno si celebra il ventennio dell’associazione di volontariato a cui appartiene e a cui mi ha tirato, di riffa o di raffa, dentro mia moglie.
    Un giorno stavo andando a compiere la mia missione ordinaria di volontariato, quando mia moglie mi chiamò al cellulare. Pierrot vai subito a casa di Sanmando. La sua mamma, equilibrio indispensabile in famiglia, è mancata, e il fratello sta minacciando con un coltello Sanmando intimandogli di lasciare la casa comune, minacciandolo con un coltello. Accorro all’indirizzo indicato.
    Suono al campanello. Sanmarco mi dice che arriva. Scende. Appare. So che da molto tempo e’ affetto da un tic che coinvolge tutto il corpo. Ma quando appare dal portocino della casa della mamma comune a lui e a suo fratello, indossa un giaccone di pelle, evidentemente recuperato dal servizio recupero abiti, del centro animato dai volontari a cui aderisce anche mia moglie e ha un tic che non ho mai visto in persona umana. La testa continua ad agitarsi all’indietro verso la schiena che si spinge in avanti come il corpo fosse colpito da una frusta. Essa rimbalza sul davanti e il moto continua in una incessante sferzata dove il corpo del malcapitato si auto flagella.
    Mi chiede chi sono, e, saputo che sono il marito di mia moglie, che lui conosce e stima, si rassicura, ma il tic continua e si siede, in quelle condizioni, in auto accanto a me.
    Lo porto in altro alloggio dove mia moglie mi ha detto di portarlo. Lui Sanmarco continua nel suo tic involontario che occupa tutta la sua persona in una assurda oscillazione ininterrotta di tutto il suo tronco, ad eccezione delle gambe. A me sembra impossibile che una persona possa resistere a tale sofferenza. Lo porto a destinazione con molta cautela. Finalmente lui scende e mi ringrazia e si avvia verso quella che sara’ la sua futura dimora.
    Rimango fermo sull’automobile. Lui sparisce dietro alla porta del suo caseggiato e mi ritrovo a piangere a dirotto e a chiedermi:
    “Come puo’ un uomo soffrire cosi’? Cosa ha fatto di male per dover soffrire così tanta pena?”
    Non piango facilmente; e dire che la vita, seppure sia stata molto generosa con me, non è nemmeno stata tenera con me e con la mia famiglia. Non mi ricordo di aver pianto in passato.
    Noi ricordiamo le emozioni positive. Ma, a mio avviso, sono quelle negative che ci migliorano.

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